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COME SOPRAVVIVERE ALLE GARE DI KARATE e vivere felici (Minicorso in 5 punti per le famiglie)



Se state leggendo queste righe, benvenuti nel mondo del Karate sportivo e delle sue manifestazioni!
Non starò qui a raccontarvene i lati positivi, formativi, coinvolgenti: quelli li apprezzerete di persona quando parteciperete, probabilmente accompagnando i vostri figli.
Vorrei darvi invece alcune dritte, in particolare sulle gare dei giovanissimi, per prevenire alcune situazioni che possono presentarsi, come negli altri sport. Lo chiamerei un mini-tutorial, o un kit di protezione; non lo chiamo “vaccino” perché purtroppo è diventata una parola molto divisiva...
Cercherò di essere più chiaro e diretto possibile. Breve, non garantisco.

Punto n. 1: nel Karate le gare vere, quelle agonistiche, riguardano i “grandi”, le cinture nere. Prima sono solo una “preparazione” all’agonismo, e prima ancora sono un gioco.
Dovrebbe essere così per tutti gli sport, ma lo è nel Karate in particolare, perché il nostro è uno sport molto tecnico; per questo motivo richiede un periodo piuttosto lungo per essere appreso e applicato in gara: è una macchina che bisogna conoscere in tutti i suoi comandi, prima di lanciarla in pista a tutta velocità.

Perciò con i nostri bambini e ragazzi del Corso Junior, siamo ancora nella fase del “gioco”, ricordiamocelo sempre.
Può succedere in qualche torneo di vedere bambini che sfoggiano la scritta “Team Agonisti” sulle loro tutine: possono scrivere quello che vogliono ma per quanto mi riguarda, non è vero.
Oppure è vero ma per gioco, appunto: come giocare a fare l’astronauta, o il poliziotto, o il capo dei pirati… rendo l’idea?
Ripeto e ribadisco: le parole “bambino” e “agonista” non possono stare insieme nella stessa frase (tranne quella che ho appena scritto). Come non possono stare insieme le parole “bambino” e “campione” (che è il migliore degli agonisti).

Punto n. 2 (conseguenza logica del punto 1): nelle gare dei bambini il risultato è importante solo mentre si gareggia. Prima della gara non ci si pensa, dopo la gara lo si dimentica.
Non importa quanto luccica la medaglia: il risultato non fa curriculum, non decreta se sono bravo o scarso, non certifica se sono meglio o peggio di un altro. Né come karateka né men che meno come persona.
Non dice neanche se la mia scuola è migliore o se il mio maestro è più bravo – anche se molti maestri sotto sotto (ma neanche tanto sotto) lo pensano.
Il risultato dice solo che stavolta ho vinto io / che stavolta hai vinto tu. Poi si cambia gioco, o si va a fare merenda insieme; e la prossima volta ci si sfida per la rivincita.

Se viviamo la gara come un gioco, sarà un bel momento per divertirsi in compagnia; di più, sarà un’occasione formidabile per imparare e per crescere: tutti i cuccioli – dalle capre ai gatti, dai topi agli elefanti – sono programmati dalla Natura per apprendere giocando tutto quello che serve loro da grandi; e noi umani non facciamo eccezione.
In caso contrario, renderemo la competizione un’esperienza inutile o peggio dannosa: dipende da noi – insegnanti, staff di gara, genitori e famiglie. Perciò rilassiamoci e godiamoci la giornata.

Punto n. 3: le competizioni di Karate sono lunghe. Sono fatte di prove molto brevi (pochi minuti) con attese molto lunghe (anche ore). Potrebbero essere migliorate, dovrebbero essere migliorate; ma per quanto ci si provi, con una partita di calcio o di basket non ci sarà mai paragone – tranne per chi sta in panchina, ma questo è un altro discorso.
Ragione di più per organizzarsi e trascorrere il tempo serenamente: ogni preoccupazione (per l’attesa, la prestazione, il risultato) sarebbe uno stress prolungato e alla lunga logorante.

Punto n. 4 (concetto delicatissimo, che richiede qualche parola in più): le gare di Karate sono belle da vedere, ma difficili da capire.
Non c’è una palla che entra in una rete; non c’è un’asticella, un cronometro, un traguardo lì da vedere. Tutto, ma proprio tutto quello che succede viene deciso dal giudizio di un arbitro.
Ed è un giudizio che richiede conoscenza e pratica del Karate, non basta leggere un regolamento (che già di suo sarebbe complicato).
La cosa più normale, le prime volte che si assiste a un torneo, è vedere un atleta che vince e/o uno che perde, e non avere la più pallida idea del perché. L’unico motivo è “perché lo ha detto l’arbitro”; tanto ci deve bastare e tanto ci basta. Ci fidiamo.
Poi col tempo, con l’attenzione, con l’esperienza, si cominciano a conoscere le regole e a capire i gesti e le situazioni…
...e a quel punto la situazione peggiora drammaticamente!

Infatti si crede di riuscire a giudicare – da soli, dagli spalti - quello che giudicano tre o cinque arbitri dal campo. Si crede di saperlo giudicare meglio di loro. Soprattutto quando le cose non vanno come vorremmo: ed è allora che iniziano i malumori, o peggio le contestazioni. Che alcune volte – mi spiace dirlo – si vedono anche nella nostra disciplina.

In questo caso, dobbiamo apprendere e applicare le seguenti tre regole; che sono assolutamente vere per i Maestri di Karate, ma si adattano molto bene anche ai giudici di gara:
Regola 1: L’Arbitro ha ragione.
Regola 2: L’Arbitro ha sempre ragione.
Regola 3: Nell’improbabile caso che un Arbitro non avesse ragione, si applicano le regole 1 e 2.
Vi spiego perché la regola 3 è assolutamente vera, forse più vera per gli arbitri che per i maestri.

Che un arbitro si sbagli quando fa vincere vostro figlio è impossibile per definizione (siamo gente di mondo…). Ma che si sbagli quando lo fa perdere è comunque molto improbabile: conosce il regolamento meglio di voi, conosce il karate meglio di voi, vede l’azione meglio di voi, ha degli assistenti che lo aiutano e voi no. Nove volte su dieci, o anche più spesso, quando non la pensate come lui ha ragione lui.
Ciononostante, siccome certe cose sono davvero difficili da giudicare, a volte potrebbe sbagliarsi. Non a caso, nel torneo olimpico di Karate è stato utilizzato il controllo video, come fa già da tempo la scherma per esempio, o il calcio con il VAR. Ma la gara di Natale dei bimbi non è una partita di Serie A o un’Olimpiade (ricordiamoci sempre il punto n. 1), e la video review sarebbe decisamente esagerata.
Quindi rimane solo un’opzione: dobbiamo continuare a fidarci dell’arbitro.

E ci sono altri due motivi per cui dobbiamo fidarci dell’arbitro (o meglio: accettarne le decisioni).
Il primo è che se non sappiamo accettare il giudizio di un arbitro in una specialità dove dipende tutto da lui, forse abbiamo sbagliato sport...
Il secondo è legato proprio all’idea stessa di Arte Marziale e al senso di dignità di chi la pratica.
Il karateka, per sua formazione, si abitua a non lamentarsi per le difficoltà, per la fatica, per il dolore, per i colpi ricevuti. Questo comportamento nasceva per non mostrare all’avversario segni di debolezza durante il combattimento, ma è diventata nel tempo una vera e propria filosofia di vita.
Senza fare confronti con altri sport, un vero karateka non simulerebbe mai un fallo non subìto, non perderebbe mai la calma davanti a una decisione sfavorevole: sarebbe una cosa di cui si vergognerebbe per tutta la vita, o almeno per un bel po’ di tempo.
Il valore e la dignità del praticante si vedono non nel numero delle vittorie, ma in come sa affrontare le sconfitte. Anche quelle ingiuste. Soprattutto quelle ingiuste - perché ad accettare quelle meritate, in teoria sono buoni tutti.

Qualcuno dice che nel dubbio bisogna protestare per “tutelare gli atleti”. Ma tutelarli da quale pericolo?
Seguo il Karate e le sue competizioni da oltre quarant’anni. Ho visto qualche decisione (sbagliata? vedi regola 3) compromettere la gara di un ragazzo. Ma non ho mai visto un errore arbitrale compromettere la sua carriera sportiva. Se è bravo arriva ai risultati che merita, prima o poi.
Viceversa, ho visto moltissime carriere rovinate da reazioni e atteggiamenti scorretti da parte di genitori e di tecnici, e anche dei ragazzi stessi (che dai grandi imparano tutto, errori compresi). Se questi comportamenti si ripetono, a lungo andare si perde il piacere di gareggiare, poi la fiducia, poi la motivazione, e infine si abbandona.
Perciò, a gara finita e quale che sia il risultato, ormai è andata: tutti a fare merenda, e ci si vede la prossima per la rivincita.

Punto n. 5, il più importante: le gare di Karate sono bellissime, delle vere e proprie feste dello Sport. Le situazioni che ho descritto ne rappresentano solo una minima parte, e mal che vada, riguardano qualcun altro: se condividiamo questi 5 punti, noi dovremmo essere al sicuro, rilassati e contenti.
Buona gara e in bocca al lupo!

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