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mercoledì 5 dicembre 2018

Christmas fotocommento parte 2

Mi è arrivata ancora qualche immagine di domenica; se ne arriveranno ancora le aggiungerò volentieri.
Una bella istantanea della fase di riscaldamento con berretti natalizi. Fosse stato per me, li avrei anche fatti gareggiare col cappello, ma con gli attuali regolamenti non è previsto, pazienza.


Due immagini ancora più belle con le nostre ragazze / i nostri ragazzi bardate/i da kumite. Queste le seleziono direttamente per il prossimo calendario Ken Sho, quando lo faremo.


E parliamo del torneo di combattimento (kumite), dove come al solito non sono mancate le soddisfazioni. Qui sotto abbiamo il sorriso di Arianna sul podio; su cui sono saliti anche Alessio (terzo) tra le cinture bianche, e la squadra formata da Chicco, Francesco, Giovanni e ancora Giovanni (sempre terzi). Il piccolo Pietro, Maria e Omar non ce l'hanno fatta, ma si sono comportati benissimo; si sa che la gara a eliminazione diretta non lascia scampo se si trova subito l'avversario forte, o se non si riesce a "entrare in partita" immediatamente. Fa parte del gioco, ed è assolutamente normale che a volte si vinca, a volte si perda.

Ci sono altre cose che invece non dovrebbero far parte del gioco, e a questo proposito voglio essere il più chiaro possibile, se ci riesco.
I nostri ragazzi partecipano alle gare impegnandosi al loro massimo ma sempre con animo sereno come si vede dalle foto; e dev'essere sempre così: tensioni e delusioni ci stanno ma si devono smaltire in breve tempo. Altrimenti il mio consiglio è quello di non gareggiare.
Abituati così, tutti voi siete scesi a Casale per partecipare a una bella festa sportiva e natalizia, ma in molti avete avuto l'impressione di essere finiti nella fossa dei leoni, tanta era la carica agonistica e l'aggressività riversata nei combattimenti, anche da ragazzini ancora giovanissimi.
Sono perfettamente d'accordo, è stata la stessa sensazione mia.

A essere onesti, bisogna comunque dire che non si sono mai visti comportamenti antisportivi o contestazioni con modi scorretti: anzi, è stato bello vedere che al termine delle ostilità i contendenti si abbracciavano al centro del quadrato.
E nemmeno ci sono stati incidenti di rilievo: qualche contatto e qualche spavento senza conseguenze, a cui bisogna abituarsi come in tutti gli sport. Nel nostro, i regolamenti e le protezioni tutelano molto e soprattutto i più piccoli.
Infine, è assolutamente normale e fisiologico che i bambini mettano esuberanza e agonismo quando competono: lo fanno anche quando lottano o si rubano la palla in palestra da noi, prima della lezione.

Quello che non andava era altro: cioè, nella foga e nell'agonismo qui secondo me si perdeva la serenità e la gioia di confrontarsi, ma emergevano solo stress e agitazione.
Secondo me non era colpa dei piccoli: avete notato che l'atteggiamento era più o meno esasperato a seconda della scuola di appartenenza?
Allora mi è venuta in mente la bellissima citazione di uno stimato allenatore di nuoto, ma che vale per ogni sport. Bisogna leggerla con calma, ma se si supera l'ostacolo della lingua (quella italiana, a cui siamo sempre meno abituati) ci dice molte verità, e descrive benissimo quello che abbiamo visto:

Molte poche volte, da parte del tecnico, ma anche della famiglia, si vive empaticamente la realtà interna del giovane atleta, domandandosi:
a lui cosa farebbe piacere?; questo è realmente per il suo bene?
Una sindrome ricorrente del tecnico (del tutto simile al genitore che recita:
non importa che diventi un campione, basta che sia contento e che faccia un’attività sana”)
è quella più pericolosa, per cui 
dopo recite comiziali sull’assoluta serenità che deve accompagnare i risultati di percorso (peraltro inconsistenti a livello assoluto),
dopo dichiarazioni di saggezza e stile comportamentale,
lo si vede proteso oltre la transenna, con le vene ingrossate, che incita l’atleta urlando,
dimostrando tripudio in caso di “buon” risultato e rabbia in caso contrario.
Abbiamo assistito a casi in cui proprio personaggi che pontificavano sull’equilibrio, sul controllo e sull’esempio nella formazione giovanile,
assumevano posture e atteggiamenti inspiegabili e dissonanti con la dottrina professata.

Roberto Del Bianco

Non vorrei mai diventare un maestro di questo tipo, e non vorrei scambiare un quintale di medaglie con un solo sorriso dei ragazzi.
Questa "sindrome da risultato precoce" non è solo scorretta dal punto di vista educativo, ma è proprio dannosa dal punto di vista tecnico.
I bambini hanno un solo compito/obiettivo: CRESCERE. Per imparare bene le cose ci vuole calma e serenità.
Metterli sotto pressione prima che abbiano imparato bene ciò che devono fare, è come buttarli giù per la pista nera prima che abbiano imparato a stare sugli sci: anche se per pura fortuna non si faranno male, quasi certamente non arriveranno in fondo.

Perciò non importa se con i bambini vinciamo molto o vinciamo poco; non importa se siamo pochi o se siamo tanti.
Importa offrire a ogni bambino un'esperienza che "gli faccia piacere e che sia per il suo bene".
Importa presentarsi tra di noi e davanti agli altri con l'atteggiamento giusto, vincere la gara anche e soprattutto negli spogliatoi e sugli spalti.
Finora ci siamo sempre riusciti (con qualche piccola eccezione, ma i passi falsi vanno accettati e superati anche in questi casi). Spero di continuare così e anzi di migliorare ancora.

So che non è facile, in parte per come sono organizzate le gare stesse. Parlando sinceramente ma sottovoce, se le competizioni dei bambini sono fatte a fotocopia di quelle degli adulti, il risultato è quello che abbiamo visto; ci vieni trascinato proprio.
Questo però è un discorso più grande e per ora - ahimé - si può fare poco. Possiamo lavorare però nel nostro piccolo. A cominciare dalla nostra gara sociale natalizia, di cui avrete prestissimo tutte le informazioni.

A presto, e grazie per la pazienza se siete arrivati a leggere fino qui!

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